venerdì 26 aprile 2013

I’eredità triste del 25 aprile…..erri de luca

Per restituire attualità alla festa della liberazione, che da oltre 60 anni rinnova le polemiche sulla memoria condivisa del «Paese più complicato del mondo», Erri De Luca, scrittore ed ex dirigente di Lotta Continua, parte dalle Sacre Scritture di cui è traduttore «non credente». «Sono uno che si alza la mattina e non crede», ha tenuto a precisare a Lettera43.it.
COME GLI EBREI NEL DESERTO. «NellaBibbia, gli ebrei diventano popolo quando lasciano il deserto e accettano una legge, fino ad allora erano una massa di serpi in fuga», ha spiegato De Luca. «E per noi è lo stesso. Siamo diventati italiani alla fine della Seconda guerra mondiale, quando abbiamo scritto e accettato una Costituzione. E la Liberazione ha senso se è collegata a un'assunzione di responsabilità comune. Civile, collettiva».

Secondo De Luca, però, la parola chiave per capire la ricorrenza del 25 aprile più che «liberazione» è «resistenza». «Perché la Liberazione effettivamente fu opera di eserciti e frutto di un intervento esterno», ha sottolineato. «Mentre la Resistenza è stata organizzata da una piccola minoranza di italiani. Su di loro si è basato il nostro diritto, nel Dopoguerra, ad avere una Costituzione fondata su determinati valori».
«LE NUOVE SCHIAVITÙ». Una Resistenza che, secondo De Luca, ora è viva e attiva, ma un po' triste: «Preferisco usare la parola “Resistenza” in senso stretto, politico. Perché mentre quella di 60 anni fa era una resistenza che fondava un mondo futuro, quella di oggi non ha nulla da vincere. Nulla da fondare. Penso alle manifestazioni anti-Tav in
Valsusa, o a Chiaiano e Terzigno a Napoli contro le discariche, o contro la base aerea Dal Molin, a Vicenza. Gente che si batte contro vere e proprie schiavitù che vengono imposte. Ma», ha puntualizzato lo scrittore, «sono resitenze difensive: non gettano le fondamenta per un mondo futuro, salvano, probabilmente, la vita di un luogo. È questa la differenza fondamentale tra l'azione dei partigiani degli Anni 40 e quella dei resistenti del nuovo millennio».

da “lettera43” – aprile 2012

1 commento:

  1. D'accordo: resistenza è meglio di Liberazione. Ma che c'entra la TAV con la Dal Molin? Battaglie per salvare il proprio giardino alla faccia di tutti gli altri? No a tutto quello che fuma? Niente navi gasiere ma viva il GPL che costa tanto meno del gasolio? Il problema Dal Molin è politico e internazionale, quello NO TAV è personale e stralocale,come decine d'altri.

    RispondiElimina